INNOVAZIONE E FUTURO

imprese, università e ricerca insieme per un lavoro più qualificato e tutelato

agricoltura, viticoltura e artigianato dalla tradizione al futuro

Gli investimenti pubblici virtuosi devono essere
al centro dello sviluppo economico dei territori

 

È il pubblico che si fa carico del rischio d’investimento iniziale all’origine delle nuove tecnologie (anche della comunicazione digitale, la celebre banda larga), che finanzia la ricerca, che produce gli strumenti più rivoluzionari nell’ambito delle telecomunicazioni, delle biotecnologie, della farmaceutica.

Nella società della conoscenza il motore dello sviluppo sta nell’università e nella ricerca, in rapporto con le imprese.

Sono urgenti interventi mirati, che concentrino progetti e risorse nei settori della specializzazione intelligente, puntando con ancora più decisione sull’innovazione e sul trasferimento tecnologico dal sistema regionale della ricerca alla produzione. Investire nell’università, nella ricerca e nel loro rapporto sinergico con il sistema produttivo (ad esempio attraverso i parchi scientifici e tecnologici) significa creare dinamismo nel sistema. Questa operazione può aumentare la qualità del lavoro, dipendente e autonomo di seconda generazione. Inoltre può ed è l’unica che permette di rallentare e invertire il fenomeno della fuga dei cervelli, e soprattutto di favorire il poco considerato rientro dei cervelli, dando ai giovani nuove occasioni di lavoro e realizzazione delle proprie potenzialità.

Tradizione e innovazione devono essere i punti fondamentali per lo sviluppo economico della  regione. Il senso è quello di puntare sulla vocazione territoriale storica del FVG sia nel settore del manifatturiero speciale, dell’agricoltura, della valorizzazione territoriale e del turismo. 

Intendiamo valorizzare la qualità che già offrono il nostro territorio e le nostre PMI, attraverso un processo di accompagnamento da parte delle istituzioni, indirizzato verso le nostre imprese e verso i lavoratori. Un processo che non si alimenti solo degli aiuti di stato, ma capitalizzi sui fondi europei, soprattutto quelli di coesione.

Il tema dell’informazione capillare e corretta diventa determinante, anche attraverso l’investimento nei settori emergenti delle competenze informatiche (internet of things – internet delle cose, big data – scienze dei dati, tecnologie web). È utile favorire anche chi ha avviato processi di internazionalizzazione e tenta di competere su scala più ampia.

Fondamentale è il sostegno all’agricoltura biologica, sia attraverso il sistema della ricerca che dell’infrastruttura.

L’agricoltura biologica deve divenire elemento sinergico di lavoro agricolo, tutela del paesaggio, recupero e sviluppo culturale.

Favorire la certificazione biologica è prassi positiva e necessaria, ma oggi non è di per sé sufficiente per favorire uno sviluppo agricolo ambientalmente compatibile. Il lavoro agricolo va pensato nel contesto paesaggistico, e non come mera unità produttiva scollegata dal contesto ambientale.

Va altresì sostenuto il lavoro agricolo e vitivinicolo sensibile alla tutela di un territorio che sia d un tempo produttivo e ambientalmente protetto. Grande importanza, per la cura del paesaggio, hanno gli appezzamenti agricoli e viticoli misti a bosco e altre colture. In Friuli e nel Carso grande valore culturale hanno i vigneti storici, ancora produttivi. Si tratta di elementi che sono potenziale motore diffuso di tutela e valorizzazione del territorio e, più in generale, degli ecosistemi e del paesaggio, beni primari in questa regione che registra tra i più alti valori di geodiversità in Europa, la cui erosione deve essere scongiurata ed evitata.

In agricoltura vanno recuperate, favorite e sostenute le colture (varietà agricole e viticole) che caratterizzano la storia e la cultura materiale di questo territorio, con particolare riferimento alla varietà tradizionali e dimenticate o espulse dall’iperproduttivismo agricolo figlio della green revolution che ha portato a colture standardizzate, poco competitive e che hanno rischiato di cancellare quella specificità culturale e produttiva.

La produzione locale va sostenuta in una dimensione di filiera corta, in cui l’atto del produrre sia seguito dall’atto distributivo in una scala di vicinanza, in modo che il territorio benefici, per primo, delle proprie produzioni e le sostenga in modo diretto. Il concetto di filiera corta, di per sé insufficiente a garantire un’agricoltura sensibile, troverà maggiore valore se associato al biologico, alle produzioni di recupero di colture autoctone, al lavoro agricolo sensibile che, indirettamente, tuteli il paesaggio.

Vanno rafforzati e semplificati gli strumenti che permettano di pensare all’azienda agricola, anche quella di piccole dimensioni, come luogo di inclusione sociale, coinvolgendo lavoratori socialmente utili o diversamente abili, recuperando il senso dell’azienda agricola di questa regione, che è storicamente sempre stata luogo di coinvolgimento dei soggetti deboli della famiglia, del vicinato, della contrada.

Tutto questo rientra nella piena declinazione della multifunzionalità agricola: fare agricoltura non significa solo produrre beni agricoli, ma essere in una relazione attiva con la tutela delle risorse ambientali, del suolo e del popolamento vitale delle zone agricole.

In questo senso, nell’ottica di una revisione della Politica Agricola Comunitaria, il mantenimento dei sussidi va inteso soprattutto come compensazione economica del lavoro di conservazione del paesaggio, laddove questo venga effettivamente compiuto.

Ecco che gli incentivi contribuirebbero a promuovere la produzione agricola intesa nel suo storico ruolo di preservazione di un territorio, che aumenterà la sua vivibilità e godibilità per gli abitanti e anche per quel crescente turismo slow che è attento alla tutela dell’ambiente da un lato e in ricerca di piccole produzioni “buone, pulite e giuste” di cui a loro volta si faranno ambasciatori nei loro luoghi di provenienza, diventando preziosi promotori del territorio regionale.

A tale proposito un ragionamento condiviso con i soggetti in causa va realizzato sulle filiere di produzione, trasformazione e consumo, con la finalità di studiare possibili reti che rafforzino da un lato la filiera corta e il consumo locale e dall’altro diventino propositivi e visibili all’esterno della Regione.

Si deve proseguire nell’individuazione di leggi efficaci per la ricomposizione fondiaria soprattutto in montagna. Solamente in questo modo sarà possibile superare l’attuale pesantissimo handicap della frammentazione e polverizzazione che rende non sostenibili le aziende.

La via maestra da percorrere è quella di favorire le produzioni specifiche, di eccellenza e di identità colturale, e artigianale.

La nostra regione non deve illudersi di poter competere a livello internazionale attraverso produzioni massive, se non in settori ad alto valore aggiunto. È la valorizzazione delle eccellenze a dover diventare valore identitario regionale e conseguente fattore competitivo determinante. In questo contesto è centrale, e deve rivolgersi in questa direzione, la formazione di figure professionali adeguate per l’agricoltura, per il turismo e per gli altri settori.

Ma nel processo dell’innovazione si deve tenere conto che ogni innovazione ha dei vincenti, ma anche dei perdenti. E una visione autenticamente di sinistra e popolare deve sfuggire a certe facili strategie. Siamo contro, dunque, a una cultura della meritocrazia ottusa.

Nell’era della prestazione estrema, il benessere collettivo è raggiungibile solo attraverso un lavoro di squadra che non lasci indietro i perdenti dell’innovazione. Il principale guasto del liberismo e della meritocrazia sfrenata è proprio la disparità. E questo è un rischio mortale per i valori autentici della democrazia.

Azioni concrete per l’ innovazione 

  • Sostenere il Sistema Universitario Regionale, promuovendo sia la ricerca teorica sia i progetti di trasferimento tecnologico in stretto rapporto con il settore produttivo.
    Garantire diffusamente il diritto allo studio a tutti i privi di mezzi, con attenzione all’uso della parola “meritevoli” perché rischia di non farci mettere a fuoco le disparità;
  • Creare contesti di crescita per le imprese innovative e giovani (aziende start-up). Promuovere di luoghi e occasioni informali di incontro e formazione sul nuovo lavoro e sul digitale (coworking, fab lab).
    Sostenere i parchi scientifici e tecnologici come scuole di impresa innovativa. Fornire supporto alla costituzione di reti di PMI, ad esempio favorendo il dialogo tra queste e poli tecnologici e tenendo conto del fatto che l’innovazione è anche una questione culturale.
  • Sviluppare l’agenzia per le imprese in modo che possa essere realmente d’accompagnamento: rilancimpresa è una buona legge, ma le imprese non devono essere abbandonate, una volta ricevuto il contributo. Non è solamente una questione finanziaria. C’è bisogno di puntellare la cultura imprenditoriale. Vi sono settori molto importanti e promettenti sia dal punto di vista occupazionale che reddituale: l’efficientamento energetico, la green economy, i servizi alla persona. C’è bisogno di innovazione non solo dei processi produttivi, ma anche di prodotto (dati anche i principi sanciti recentemente dalla legge regionale sull’economia circolare).
    Rafforzare l’attività pressante di scouting per le imprese che vogliano insediarsi sul nostro territorio, evitando di diventare facili prede di quel mondo spietato delle multinazionali, rispetto alle cui logiche le democrazie rischiano di essere impotenti, come si è visto in tante crisi.
  • Sostenere lo sviluppo di reti d’impresa e tra impresa, mondo della formazione e dell’istruzione. Il binomio ricerca-innovazione passa anche attraverso la ricerca di base sulla quale deve esserci maggiore investimento. Per anni il punto di forza del settore produttivo regionale è stata proprio la presenza di piccole e medie imprese, che ora devono affrontare un contesto globalizzato e la sua sfida competitiva. Essere i migliori sub-fornitori non dà più garanzie di sostenibilità. Si devono creare reti che possano sostenere l’acquisizione di competenze lungo tutta la filiera. Le PMI individualmente non sono in grado di resistere. È necessaria dunque un’innovazione anche culturale, che la Regione ha il compito di aiutare, proprio per evitare la cannibalizzazione delle nostre produzioni di qualità da parte delle multinazionali con il rischio di inaridire il nostro comparto produttivo (come purtroppo abbiamo avuto modo di osservare in questi anni). Questo è un processo avviato ma che va rilanciato con forza.
  • Considerare il tema della pianificazione territoriale, assieme a quello delle infrastrutture,  determinante per la competitività delle nostre imprese ma anche fattore di attrattività per eventuali nuove che volessero insediarsi. Una visione lungimirante di evoluzione del territorio non può che portare benefici, oltre che favorire l’armonizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture con l’ambiente circostante.
  • Valorizzare l’autorità unica della portualità, nonché il porto franco di Trieste, come opportunità di sviluppo per l’intero territorio regionale e non solo per la costa. Va promossa una visione del FVG come porto-regione che si evidenzia attraverso tutti i nodi intermodali della regione.
  • Rilanciare il comparto edilizio  con ulteriori misure rispetto alla riqualificazione degli edifici esistenti, l’efficentamento energetico e l’adeguamento antisismico. Molto è stato fatto in questa legislatura ma è un percorso che va rafforzato razionalizzando gli strumenti a disposizione. Vanno soprattutto varate norme edilizie cogenti che impongano una gestione dell’energia, del calore e dell’acqua responsabile a fronte delle drammatiche prospettive dei mutamenti climatici in arrivo.
  • Valorizzare il turismo e i beni culturali in un’ottica lungimirante e di pianificazione territoriale, che possa creare opportunità di sviluppo e di lavoro, ma anche mettendo a sistema questa valorizzazione in un’ottica di creazione di imprese (molto interessante a tal proposito potrebbe essere la costituzione di cooperative che operino nel settore) multifunzionali, alla stregua di quanto avviene in agricoltura. Questo per permettere un’occupazione stabile e dignitosa.
  • Favorire le imprese di turismo sostenibile e accessibile. Il FVG autentico “compendio dell’universo” va valorizzato per tutti.
  • Investire in agricoltura sul biologico, incentivando colture di qualità e fortemente caratterizzanti il territorio: in un contesto globalizzato pensare di poter continuare con colture intensive, ad esempio di mais, sfidando i grandi granai dell’est Europa o del nord America, rischia di essere una strategia che non valorizza il territorio e che non produce reddito per gli agricoltori. Inoltre servirebbe incentivare maggiormente la costituzione di filiere corte, migliorando i processi di trasformazione e successiva commercializzazione.
  • Sviluppare il tema della “banca della terra”, in modo da avere cognizione dei terreni da poter assegnare a nuove imprese agricole, che non possono essere sovvenzionate nell’acquisizione di terreni (materia prima per poter iniziare l’attività) dati i vincoli europei; questo rappresenterebbe anche una spinta verso l’autoimprenditorialità e una prospettiva per i giovani.
  • Valorizzare percorsi di conciliazione casa-lavoro e di applicazione delle pari opportunità nel mondo del lavoro.
  • Favorire le iniziative che promuovono la prevenzione e gli stili di vita sani, l’attività fisica dolce, l’invecchiamento attivo e la nascente silver sconomy, a fronte dei mutamenti demografici che vedono la nostra popolazione invecchiare. Il settore dei servizi alla persona va curato e formato, non dimentichiamo il crescente popolo delle “badanti” che necessita di formazione e attenzione.
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