MAURIZIO ZACCHIGNA

MAURIZIO ZACCHIGNA
Ciao a tutti e benvenuti sul sito di Open Sinistra FVG, una lista di sinistra alla luce del sole che si presenta alle elezioni regionali del 29 aprile a sostegno della candidatura a presidente di Sergio Bolzonello. Tra stupore e consapevolezza mi ritrovo tra i candidati. E’ andata così: un emissario, probabilmente reduce da una qualche osmizza primaverile, mi telefona per chiedermi di candidarmi in queste elezioni regionali. “Ma dai, sii serio” – abbozzo – “ Sono serissimo, come ogni emissario che si rispetti”. “Urca” – penso io – “Questo è un tipo tosto di antica scuola” – poi, rapidamente, mi interrogo – “E se accetto? Come la metto col mio privato, quell’invitante privato nel quale di recente sono così tentato di rinchiudermi ? Anche perché se non mi ci rinchiudo stavolta – ragiono – se perdessi anche questa occasione perfetta che la congiuntura storica mi offre su un piatto d’argento, quando mai lo farò più?”. “Senti” – dico all’emissario, con la speranza che il suo bisogno di concludere non preveda temporeggiamenti – “Mi concedi un giorno per una pausa di riflessione ? (si diceva così)” – Sbaglio clamoroso. Sarà per per il Terrano ancora in circolo, sarà perchè lui crede sul serio nella proposta, fatto sta che l’emissario mi concede la pausa. Sono fregato: sento salirmi dentro una roba che vibra dello stesso tremore delle antiche responsabilità e mista, per giunta, ad un’inspiegabile emozione, un cocktail temibilissimo, di quelli capaci di portarti a scelte sconcertanti. “L’unica cosa da fare” – mi dico – “ è consultarmi con qualcuno che sappia farmi ragionare”. Mi chiudo perciò in conclave con mio figlio René, un tipino interessante di solo due anni e mezzo ma, credetemi, autorevolmente vissuti, un robino decisamente centrato al quale chiedo, senza tanti preamboli, di aiutarmi a risolvere il mio dilemma. Intimamente conto sul fatto che il mio bambino, mosso dall’egoismo genuino della sua età che lo porta a volermi tutto per lui, non potrà che dissuadermi dall’avventura sinistra, o meglio … di sinistra. E invece… “Guardati papà” – mi fa lui con fare complice – “Dove ?” – “Ma dai, papàmau (lui mi chiama così), nello specchio no?” – Già, alle mie spalle c’è uno specchio grande, liberty, dall’aspetto paurosamente sincero. Mi volto, mi vedo, mi guardo. “Cosa vedi ?” – incalza il piccolo robino luminoso. “Vuoi sapere cosa vedo? Beh vedo… vedo” – Ma non è giorno in cui si possa tergiversare – “Papàmau, lo vedi quel sorrisone che hai sulla faccia? Ce l’hai da quando hai ricevuto quella telefonata” – Ha ragione lui, non posso negarlo, lo vedo nello specchio che sto sorridendo, lo sento che sto bene, capisco che la cosa mi piace, perché … insomma, uno come me, che col mio antico mestiere del teatro continuo a credere a una funzione sociale dell’arte scenica, che con la mia attività di formatore sono anni che cerco di contribuire all’alfabetizzazione emotiva delle persone, io, che sento prioritari la necessità e il dovere di lottare contro l’ideologia dell’ignoranza diffusa, ecco, uno così, uno come me, forse farebbe male a rinchiudersi dovecchesia. Mi volto e guardo mio figlio che nel frattempo si è messo a giocare, io prendo il telefono, sto per chiamare l’emissario quando lui… “Mi raccomando papàmau” – “Cosa c’è amore mio?” – “Manda una foto in bianco e nero” – “Sì, hai ragione, in bianco e nero”.